Intervista a Fabio Mazzari

1) A che età ha scelto di intraprendere la carriera teatrale? Da dove nasce l’ispirazione?
L’attrazione per il teatro nasce alla fine degli anni Sessanta, più precisamente nel ’68, e io ero attratto dal teatro ma per fare il regista, non tanto l’attore.  Iniziai a fare l’aiuto regista e ci fu un attore che bisognava sostituire e l’unico che poteva farlo ero io. Vidi che ero in grado, che mi riusciva bene, e allora continuai a fare l’attore, restando comunque con la passione per la regia, cosa che poi avrei continuato molti anni dopo. 
2) La problematica dello stigma è sempre attuale e sappiamo che lei ha recitato nel "Cyrano”: vorremmo sapere la sua idea sullo stigma.
In quest’epoca di tuttologi, lo stigma credo sia molto diffuso. Tutto è online, si pensa che tutto sia condiviso. Era una versione particolare del Cyrano, ma la cosa curiosa era che il mio naso andava bene anche senza trucco. 
3) Lei è stato regista teatrale de "Le notti bianche” di Dostoevskji: cosa pensa del recente episodio di censura che lo ha visto coinvolto all'Università Bicocca?
È stato già detto da molti e quasi subito che era una decisione semplicemente assurda, senza senso. È come se in Russia censurassero Dante o Manzoni o Pirandello, è una follia. E poi un autore come Dostoevskji , che è pieno di interrogativi, che ha subìto la prigionia e la condanna a morte, poi revocate. Parliamo di un uomo che ha introdotto l’inconscio e la profondità dell’animo umano nell’Ottocento, in modo modernissimo. Quindi è stata una grandissima sciocchezza, poi ritirata, ed infatti poi questo professore ha potuto tranquillamente tenere a Milano il suo seminario.
4) Perché ha scelto di fare il doppiatore?
Negli anni Ottanta, quando si sono aperte le sale di      doppiaggio a Milano, ho fatto un provino e sono stato fortunatamente assunto. È un’esperienza molto importante per un attore, perché ti fa confrontare con la tua capacità vocale e con il microfono. Per fortuna io avevo già fatto molta radio ed era un modo per gestire la respirazione col microfono, cosa del tutto diversa dal teatro.
5) Sul set, quando incontra persone sconosciute, si trova a suo agio?
Bisogna partire da una premessa, cioè che io, come molti attori, sono timido, anche se non sembra.  Molti attori iniziano a recitare proprio per addomesticare la propria timidezza e quindi mentre da bambino di fronte ad una persona sconosciuta avrei avuto difficoltà, adesso so adeguarmi e cerco di pormi subito come una persona positiva.
6) Perché ha deciso di creare lo Spazio Zazie?
Perché volevo un teatro mio. Mia moglie aveva annesso al negozio una grande stanza di 90 mq e io riuscivo a mettere gli attori insieme in questo spazio e questo diventava per gli attori un rapporto molto più emozionale, con gli spettatori a fare parte della stessa stanza e dunque a fare parte della scena e questo mi hanno detto tutti che era molto più emozionante rispetto all’andare in una sala teatrale. 
7) Lei a teatro è stato protagonista in un’opera di Brecht, il quale nella poesia "Prima vennero" accenna al tema dell'odio razziale. Quanto è un tema attuale? Cosa ne pensa a riguardo?
Questo concetto non ha bisogno di commenti. Sono due parole, “odio” e “razziale”, che andrebbero bandite, perché di razza ce n’è una sola ed è quella umana. Anche la distinzione che si fa tra profughi ucraini e profughi africani, proprio in virtù della razza, mi sembra folle. Poi c’è un rigurgito razzista che va verso il nazismo dovuto all’ignoranza, soprattutto in certe fasce giovanili. Io ovviamente condanno tutto ciò. 
8) E' difficile doppiare un personaggio nel mondo dello spettacolo?
Tecnicamente è una cosa da imparare, un po’ come quando si guida l’automobile: all’inizio ci sono tutta una serie di cose da fare in successione e sembra impossibile, poi invece si impara e si fa senza problemi. Un cattivo attore magari lo devi aiutare, correggere perché sta recitando male, un buon attore va semplicemente accompagnato. 
9) Quale è stata l'esperienza che più le è piaciuta nella sua carriera d'attore? Quale la più faticosa?
Quella che mi è piaciuta di più è stata sicuramente la partecipazione ad un testo di Cechov, “Il giardino dei ciliegi”, dove io interpretavo la parte di uno studente fuori corso (ero giovane!), che era una specie di rivoluzionario ed è stata un’esperienza molto bella. La più faticosa “Nella giungla delle città”, perché lì dovevo cantare ed esibirmi … no, mi correggo, la più faticosa è stata “Nella prima gioventù”, una versione di un testo del Cinquecento, “La Calandria”, dove io facevo un servo furbo, tipico personaggio dell’epoca, e dovevo fare molte acrobazie, molti sforzi vocali, urlare, sussurrare, cantare … forse quella è stata la più faticosa, ma per fortuna ero molto giovane e mi piaceva e riuscivo a farlo. 
10) Mentre sta per doppiare un film magari va tutto a gonfie vele. Ma se dovesse accadere un errore, come riesce ad arginarlo?
Lì è un fatto tecnico, molto semplicemente viene interrotta  la registrazione e si rifà. Oggi col computer è tutto molto semplice e veloce, mentre a teatro ciò non è possibile.
11) Le piace recitare tutte le parti del film? O ne predilige alcune?
Diciamo che sono abituato a recitare personaggi positivi, i buoni, soprattutto in Vivere per dieci anni ho fatto quello. Però è anche vero che i personaggi cattivi certe volte sono più affascinanti dei buoni, ma io comunque, sarà banale, ma preferisco recitare la parte dei buoni. Un personaggio che mi piacerebbe moltissimo fare è un commissario di polizia, magari di questi solitari, magari uomini single provati dalla vita.
12) Quanto sono importanti la mimica e le espressioni del viso per la recitazione?
Sono molto importanti, ma bisogna saperle gestire, cioè non bisogna esagerare. Per esempio Edoardo De Filippo era formidabile nel recitare nelle pause, mentre parlavano gli altri, con una mimica che era praticamente quasi inconsistente, quasi immobile, però trasmetteva tanto. La mimica è molto importante se la sai usare bene, sennò diventano delle smorfie e basta. Dario Fo, quando ho lavorato con lui, ci diceva “Non fate i grimass!” (non fate le smorfie), quindi la mimica va usata con intelligenza.
13) Come ha trascorso il lockdown?
Ho curato mia moglie, colpita da una leucemia. Sarei stato costretto a casa comunque, ma ero accanto al letto di mia moglie, che si stava consumando.

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