La Dottoressa Spagnolo Annunziata e meninos de rua

  1. Perché sono i negozianti e le compagnie ad assoldare questi bambini squadrone della morte e non sono le autorità a prendere le loro difese? Perché non possono avere una vita più tranquilla?
    Gli squadroni della morte funzionano per fatti loro. Sono autonomi e danno protezione ai negozianti.
  2. Lo stato sociale dei meninos de rua è autorizzato dal Governo? Tutto questo è parallelo alla nostra connivenza cittadino-mafia-politica?
    I meninos de rua sono messi in una condizione sociale che li costringe a vivere per strada per sopravvivere. Quelli che hanno delle attività illegali chiamano questi bambini per utilizzarli come corrieri e in cambio gli danno da mangiare o soldi. La struttura non è di Stato, è illegale. Ci sono anche forme di spaccio di armi, imparano a sparare per difendere il territorio. A volte sono vittime della guerra tra gang, finendo in mezzo a sparatorie.
  3. Come si fa a cambiare tutto questo?
    Appartengono a famiglie povere, vanno per strada per sopravvivenza. Ci sono ragazzi che non tornano a casa perché magari vivono in una famiglia violenta e preferiscono vivere in strada.
  4. Come vengono costruite le favelas?
    Si costruiscono automaticamente, in periferia, nelle zone vuote, dove si costruiscono delle baracche. Gente povera, che in città non ha niente, si costruisce il suo spazio in periferia.
  5. Perché in Brasile questo problema delle favelas è noto mentre nelle altre nazioni passa inosservato? Cosa lo rende speciale di fronte agli altri? La moltitudine, la portata del problema?
    Il Brasile è molto frequentato e quindi ha più visibilità, oltretutto è uno stato democratico e quindi se ne può parlare. Altrove non c’è democrazia e dunque non se ne parla.
  6. Possiamo dire che le favelas sono ormai diventate indipendenti?
    No, non sono indipendenti. Pian piano si aggregano alla città, alla periferia della città.
  7. Da queste premesse , qual è stata la sua esperienza con i ragazzi di strada?
    Ho lavorato con i ragazzi di strada non legati a gang, vivevano in famiglia, erano aggregati a delle scuole che gli permettevano di studiare ed avere un piatto caldo.
  8. Quanto ha influito l’esperienza pregressa nella scelta di diventare psicoterapeuta?
    Sono venuta in Brasile che già facevo un lavoro di coordinamento tra questi centri per conto della Chiesa Cattolica. Il mio ruolo e il mio impegno sociale sono cambiati in base ai miglioramenti del contesto. Ho dovuto cambiare il mio indirizzo di aiuto perché nel frattempo lo Stato si è “messo in mezzo” seriamente.
  9. Che obiettivo ha raggiunto con i ragazzi di strada e quale si era prefisso?
    Non avevo obiettivi personali, mi sono inserita nella realtà che c’era, non ho progetti miei da portare avanti, io mi sono aggregata e contribuisco ad aiutare questi ragazzi. Faccio parte di un progetto che ha connessione anche con l’Italia.
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