Intervista alla Dottoressa Stefanelli

1) Quanto influisce o ha influito la memoria storica nel nostro presente e nei nostri comportamenti? Quello che siamo lo dobbiamo ai nostri antenati, perché ce lo hanno tramandato. Siamo nani sulle spalle dei giganti, come diceva Cicerone. L’importanza della memoria storica è proprio qui, nel tramandare ciò che non è scritto.
2) Cosa ci raccontano i monumenti antichi, i musei? Cosa ci insegnano della storia e quanto ci formano? I musei ci parlano dei modi di vivere di un determinato momento storico e ci raccontano il passato. Ogni oggetto nei musei ci parla di un preciso momento.
3) Musicalmente, quale identità storica è riconducibile al Salento? Adesso va di moda la pizzica, ma cinquanta anni fa il Salento non era solo pizzica: non c’era la radio, non c’era neanche la televisione, si sentivano canti di lavoro, di protesta, canti d’amore, canti religiosi. Nel mio paese e nei paesi vicini si cantava un canto religioso di San Lazareno fino alla Domenica delle Palme.
4) Quanto influisce la tradizione Salentina nel presente: dolci, feste e giochi? È rimasto tantissimo nel cibo, nonostante la tendenza ad imbastardirlo con le usanze degli altri Paesi. Stesso discorso per la musica e le bande.
5) L’era tecnologica ha fatto sì che la nuova generazione non sia curiosa di conoscere il passato dei nostri avi. La famiglia e la scuola quanto incidono in questo? Negli anni sessanta ci siamo disfatti di oggetti, tradizioni, e i nostri nonni non sono stati abbastanza bravi da evitarla. Adesso ci si sta rendendo conto degli errori fatti e si sta provando a recuperare.
6) L’educazione di ieri quanto ha inciso su quella di oggi? Oggi i genitori non svolgono il ruolo di genitori, ma di amici. Non dicono mai di no.
7) Quali sono i punti in comune tra il passato e la vita moderna? I punti in comune sono i bisogni esistenziali, in questi siamo sempre uguali. Quello che cambia è il modo di esprimere queste cose.
8) Che differenza c’è tra l’educazione ricevuta nel passato e quella che si impartisce oggi? Abbiamo dimenticato il rispetto, siamo portati ad indicare e giudicare sempre gli altri, mai noi stessi. Mio padre mi diceva di salutare anche le pietre, perché anche esse sono figlie di Dio. E poi si è perso il senso etico, nessuno si chiede se quello che si fa è giusto.
9) Partendo dall’educazione di oggi il futuro educativo come si potrebbe prospettare o delineare? Manca l’unità del progetto educativo. Dovrebbe esserci una sinergia, una finalità comune.
10) In quali usanze ritroviamo il passato storico? Le feste. Nel mio paese si svolge la processione della Madonna della neve e ci sono delle torce accese che significano fede.
11) Il folclore Salentino: di cunti Salentini e i culacchi oggi in quale contesto potrebbero essere inseriti? Non è un peccato perdere questa memoria? Nella mia casa c’era un camino grande e io mi sedevo con la sediolina dentro il camino. Mio padre mi raccontava tante storie, tra le quali una che diceva che il Re ordinava di buttare in mare le persone di cinquant’anni perché anziane. Questa era la storia di Brizio, la cui morale era che tutto l’oro del mondo vale meno dell’acqua che cade nel momento opportuno.
12) Cosa ne pensa dell’importanza del dialetto oggi come recupero di lingua? Il dialetto si recupera parlando. Ci sono dei vocaboli dialettali, dei modi di dire che non sono traducibili. Il dialetto deriva dal latino e dal greco.
13) Come mai non si è sviluppato il teatro a Lecce e lo ritroviamo solo nel ‘900? Le rappresentazioni prima del ‘900 erano rappresentazioni sacre. Non si parlava di teatro profano, il quale, rifacendosi al teatro latino, arriva soltanto nel ‘900.

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